Una tragica esondazione, quella del Mississippi nel 1927, fa da sfondo a una delle due storie raccontate da William Faulkner nel suo epico romanzo “Le palme selvagge”.
Un forzato, in galera per aver tentato una rapina (per compiacere la sua ragazza che, a sei mesi dall’arresto, si sarebbe poi sposata con un altro), è spedito su una barchetta ad affrontare le correnti del fiume. Il suo compito è quello di salvare una donna incinta imprigionata dalle acque in qualche luogo lì vicino. Seppur riluttante, il forzato trova la donna, l’aiuta a partorire, la salva dai gorghi ma, non avendo cognizioni nautiche, perde il controllo della barca e si trova a vagare in balia del fiume. Sette settimane in cui le acque lo ondeggiano tra l’istinto di aiutare la donna e il suo piccolo (benché non abbia alcuna fiducia nella vita e nelle donne, a causa del voltafaccia della sua ragazza) e l’ossessione di tornare in cella, dove si sente al sicuro dalle pene d’amore e dagli imprevisti della vita. Quando però, dopo aver portato a termine la missione, tornerà spontaneamente al penitenziario sarà condannato a scontare altri dieci anni di pena per “evasione”.
Messianico e meraviglioso nel suo stile torrenziale è il passo in cui il forzato, remando nel fiume con di fronte la donna che deve salvare, vede le case in lontananza e potrebbe cercare di raggiungerle per evadere verso la libertà. «Erano nella barca, al centro di quella vasta e placida conca senza confini attraverso la quale la piccola imbarcazione sperduta andava, portata dall’irresistibile coercizione di una corrente diretta dove egli ancora una volta non sapeva, le nitide, piccole, irraggiungibili cittadine circondate da querce sempreverdi, irraggiungibili come miraggi, apparentemente attaccate a nulla, sull’arioso e immutabile orizzonte. Egli non vi credeva, non gl’importava di esse, era condannato; erano meno delle immagini che forma il fumo o il delirio, e lui che continuava quel suo incessante pagaiare senza meta e senza speranza ormai, guardando di quando in quando la donna seduta con le ginocchia tirate su e serrate strette, il suo intero corpo formante un solo terrificante nodo mentre fili di saliva sanguigna le scivolavano giù dal labbro inferiore nella morsa dei denti».
William Faulkner, Le palme selvagge, Adelphi, 1999.
(L'Adige 22/5/2023)
Maurilio Barozzi
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