A proposito di penosi ritrovamenti sulle pendici di un laghetto. Ruotano tutte su tale perno le quasi 500 pagine di “La versione di Barney” (1997) di Mordecai Richler che a inizio Duemila divenne un best seller. In realtà quel romanzo si distinse per l’ironia tipicamente yiddish del suo protagonista ebreo e per le divagazioni e la coerenza di un… malato di Alzheimer. Sono, queste parti, nello stesso tempo il limite e il punto forte (a seconda dei gusti) dello scritto. Certamente prolisso e pedante ma a tratti irresistibile.
La vicenda prende le mosse dal desiderio del settantenne Barney Panofski di controbattere alle insinuazioni contenute nell’autobiografia di Terry McIver, un suo vecchio amico, chiamiamolo così. Chiede dunque Barney al suo avvocato: «Posso querelare per diffamazione un tizio che mi accusa nero su bianco di avere picchiato mia moglie, di essere un plagiario, uno spaccone, un alcolizzato con tendenze violente, e con tutta probabilità anche un assassino?». Risposta: «Non saprei. Ma mi sembra che il tizio sia piuttosto bene informato».
Infatti Barney una quarantina di anni prima era stato assolto per l’omicidio del suo amico Boogie ma molti – in particolare il sergente Sean O’Hearne che al tempo seguì l’indagine – ritenevano che il processo fosse stato superficiale. Barney sostiene che, dopo aver beccato Boogie a letto con sua moglie, la donna se ne andò e loro due avessero bevuto assieme una bottiglia di Macallan e poi Boogie si fosse tuffato nel laghetto adiacente, annegando. Il problema è che il cadavere di Boogie non era mai stato ritrovato. Nel suo incedere saltabeccante, il libro ci racconta la vita “alla Hemingway” – tra donne (tre mogli), sigari Montecristo, bottiglie di Macallan – di Barney, un vecchio criticone smemorato. Ed è proprio questa sua boria cinica e arruffona che ha reso memorabile il personaggio. Eppure il collante del romanzo, il motore che lo muove e lo giustifica è il giallo, la vicenda del nuotatore scomparso. Che l’autore risolve in un colpo di scena finale di dieci righe. Quasi a dire che ciò che conta davvero non è come un uomo è morto, in un lampo. Bensì come ha vissuto.
Mordecai Richler, “La versione di Barney”, Adelphi, 2000.
(L'Adige 20/11/2023)
Maurilio Barozzi
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